martedì 1 maggio 2001

Il Giro sul Pordoi

Ancora non mi era capitata l’occasione di seguire dal vivo una tappa del giro d'Italia. Quale occasione migliore (siamo nel 2001) per recarsi in vetta al Pordoi, dove ancora non ero stato, e dove i professionisti sarebbero passati per ben due volte. Il primo passaggio della carovana rosa è previsto intorno alle 15, così parto la mattina presto in auto e verso le 11 sono a Moena; incuriosito dal gran numero di ciclisti che si dirigono verso le cime dolomitiche scarico la bicicletta, mi cambio e mi avvio tranquillamente verso Canazei. Passa solo qualche minuto che mi vedo superare da una quindicina di ciclisti e così mi aggrego al gruppo. Poco dopo mi accorgo che a guidare le fila è nientemeno che Francesco Moser, ed io con la mia pesante mountain bike vecchia di 10 anni, vestito con pantaloncini da calcio e scarpe da ginnastica, provo una immensa soddisfazione a fare parte di questo gruppo di attrezzatissimi ciclisti con le loro fiammanti biciclette da strada. Ai piedi della salita però mi accorgo che il ritmo della compagnia è sceso notevolmente e quindi li distanzio procedendo con il mio ritmo: la strada in se non è nulla di particolarmente difficile, le pendenze non sono per nulla insidiose e non si tratta nemmeno di un passo particolarmente lungo, ma la vista verso la valle sottostante ed i monumenti naturali che ci sovrastano mi fanno capire il perché questa salita sia stata così mitizzata. Infatti ai bordi della strada vi sono due ali di folla,che fin dai primi chilometri e fino alla vetta sventolano bandiere e striscioni inneggianti al campione preferito, regalano applausi ed incitamenti a tutti coloro stanno affrontando la salita in sella ad una bicicletta; le compagnie di amici che mangiano panini con la salsiccia bevendo litri di vino e fiumi di birra ti fa sentire davvero in un'altro mondo, ti fa percepire e capire fino in fondo perché il ciclismo sia così amato dalla gente semplice.
Arrivato in vetta mi concedo l'immancabile panino con salsiccia, lancio uno sguardo a fondo valle, dove già si vedono arrivare i primi atleti. Comincia a transitare la lunga carovana pubblicitaria e poco dopo le prime ammiraglie, infine i professionisti passando ad una tale velocità che riesco a distinguerne solo un paio. A questo punto preferisco tornarmene a casa subito senza aspettarli al secondo passaggio, coincidente con anche l'arrivo, sia per evitare il traffico e gli intasamenti di qualche ora dopo, che per la rigida temperatura (10 gradi) e un gelido vento cui ero impreparato che rischiano di trasformarmi in un ghiacciolo.