giovedì 28 luglio 2005

Re Stelvio

Notte in tenda in quel di Merano (325 slm), sveglia quando il cielo è ancora buio e subito via sui pedali: subito qualche chilometro di salita fino ad arrivare a Foresta, dove fanno l'omonima birra (dimenticavo: scritto in tedesco diventa Forst) per poi inoltrarsi nella Val Venosta. Dopo 50 km in dolce ascesa tra sconfinate piantagioni di mele (si può dire "meleti" ?) arrivo a Prato dello Stelvio (900 slm) già molto assetato per la calura del fondovalle. La prima metà della salita è dolce e regolare, il giusto per stancarsi un poco, mentre lo shock arriva dopo aver attraversato un torrente sopra ad uno stretto ponticello: la pendenza diventa seria (8%) mentre si gira sul primo tornante, numerato con il 48 !
Da qui in poi la strada non concede più nemmeno un metro di respiro, si sale sulla costa della montagna in mezzo al bosco, fino ad arrivare ad un bel punto panoramico dove la strada svolta a destra e si presenta davanti agli occhi il muro finale: sono ancora parecchi i km da percorrere, e avere davanti agli occhi questo zig-zag di cemento disegnato tra le rocce non è certo incoraggiante. Il sole comincia a bruciare la pelle, la bocca è arsa dal sole, ma continuo avendo come riferimento parecchie decine di ciclisti (soprattutto tedeschi) che raggiungo e supero uno alla volta (ma a che ora saranno partiti per essere già quassù ?); la nomina di ciclista se la meritano solo per l'impresa che stanno compiendo, non certo per l'abbigliamento, la bicicletta che usano o la loro tecnica di pedalata, meno ancora per la loro velocità, ma sono comunque da apprezzare ed ammirare per la loro tenacia e la loro volontà. A terra le scritte inneggianti ai protagonisti dell’ultimo Giro d’Italia, quindi in disparte i count-down dei tornanti e dei chilometri all’arrivo: 5, 4, 3… indurisco il rapporto per il tratto finale ed arrivo in cima, quota 2758, stanco ma enormemente soddisfatto per aver terminato questi 25 km in poco più di due ore. Mi concedo una birra ed aprendo la lattina mi taglio sul pollice, poi mangio mezzo panino, bevo del the che ho nella borraccia e riposizionandola mi si spacca il supporto sulla bicicletta, costringendomi a svuotare la piccola riserva rimasta per mettermi il vuoto in tasca. Vedo il termometro che segna 21 gradi, esagerati per l’altitudine in cui siamo, e decido di interpretare i segnali sopra descritti come un invito ad accontentarmi dell’impresa, rinunciando al giro esagerato che avevo in programma. Mai scelta fu più azzeccata: per scendere non uso nemmeno la mantellina, e a valle il termometro è ben sopra i 30 gradi (36 al mio ritorno a Merano). Piuttosto che la statale questa volta decido di percorrere la ciclabile, molto ben tenuta nonostante sia costretto a superare qualche tratto sterrato, ma ho almeno la possibilità di sopravvivere al caldo e afoso vento contrario rinfrescarmi con delle soste nelle numerose fontane e con delle docce improvvisate sotto gli irrigatori che annaffiano i meleti (word non segna errore, quindi vuol dire che esiste questa parola).

domenica 17 luglio 2005

Gran Fondo Pinarello 2005

La prima difficoltà riguarda la prima parte del percorso, da Treviso a Combai, apparentemente la più facile perchè prevalentemente pianeggiante. A fatica riesco a percorrerla a più di 40 km/h, cosa non facile, visto che intorno a me sfrecciando ondate di ciclisti a velocità decisamente superiore, ma continuo a ripetermi di non farmi prendere dalla foga per non essere costretto a pagarne le conseguenze nel prosieguo della corsa. Passata la prima ora finalmente inizia la prima salita, mi porto in testa ad un gruppetto, quando uscendo dal bosco mi attraversa la strada un gatto nero ! Considerato che il mio numero di gara è il 313 (la targa di Paperino) mi spiego perchè tutti coloro che mi stanno intorno tendono ad allontanarsi dal sottoscritto e a sistemarsi il fondello dei pantaloncini. La salita è lunga ed abbastanza impegnativa: considerando quanta gente sorpasso pedalando e saltando i due ristori posti all'inizio e alla fine della salita stessa, ringrazio di essere riuscito a tenermi a bada nei primi chilometri.
Lunga discesa fino a Valdobbidene con brivido sulla schiena per un inglese che sbaglia un tornante proprio davanti me finendo sul gard-rail e costringendomi ad una svirgolata con la ruota posteriore per evitarlo, quindi mi accodo ad un buon gruppone e su percorso collinare si arriva ai pedi del monte Tomba, che fortunatamente non sarà il luogo del mio riposo perenne, ma dove mi aspetta comunque una vera via Crucis. Infatti, alla fine del tratto più ripido mi prendono i crampi alla coscia sinistra: non mi era mai successo prima e non sapendo che altro fare decido di investire 3 minuti per una sosta dedicata allo stretching. Riparto tutto indolenzito, le gambe sembrano due mattoni ed anche i tratti dalle pendenze più agevoli mi sembrano dei veri muri. Arrivo finalmente al ristoro in vetta, riempio le borracce, divoro un'arancia ed una banana e riparto in discesa ritrovandomi nel tratto di pianura in un ennesimo gruppone di cavalli scatenati. Per paura di non riuscire più ad inerpicarmi sul montello, ultima salita di giornata, decido di lasciarli proseguire con i loro 45 km orari fatti di continui scatti, rallento ed aspetto il gruppo successivo al quale mi aggrego fino ai piedi della terribile presa XIV.
Fortunatamente è una salita che conosco bene, piuttosto dura ma anche relativamente breve, così sparo tutte le mie ultime energie e in pochi minuti torno ad agguantare il gruppone che avevo lasciato andare in precedenza, al quale mi aggrego per il ritorno a Treviso con gli ultimi 20 chilometri percorsi a quasi 45 di media.
(139 km, 2350 metri di dislivello, tempo 5h 47', media 29 km/h, 609° su 1512).