Già dopo le prime pedalate sento che la gamba non è in condizioni ottimali, i muscoli sono pesanti, affaticati e lenti per le pedalate dei giorni scorsi. Eppure la voglia di ritornare sulla montagna storica dopo quasi un anno è talmente tanta che mi avvio ugualmente, resistendo alla tentazione di cambiare percorso.
La prima metà della salita ha pendenze impegnative ma regolari, trovato il mio ritmo con una pedalata agile procedo faticando più del necessario ma senza grossi intoppi. Alla malga di Campocroce (poco dopo metà percorso) mi rendo conto che il tratto più duro comincia ora: che fare ? Approfittare del traguardo parziale per girare la bici ? Decido di tentare di proseguire, mal che vada se mi dovessi piantare si può sempre tornare indietro. Scalo l'ultimo rapporto e procedo: metro dopo metro sento le gambe che si scaldano sempre più, arrivano sul punto di bruciare nonostante il tiepido sole sia coperto da fitte nuvole a bassa quota. Il respiro si fa sempre più affannoso, la bocca si apre per cercare di catturare anche la più piccola particella di ossigeno, il sudore dalla fronte cola sul naso in gocce sempre più grosse e frequenti. La sensazione è quella di salire delle scale piuttosto che pedalare, tanto sono scomposto e irregolare nei tratti più ripidi.
Una rampa dopo l'altra poi, dopo una leggera contropendenza, esco dalle nuvole e si apre uno splendido paesaggio: la vetta con il rifugio è li sopra ad un paio di chilometri, sotto di me uno strato nuvoloso oltre il quale si intravede la pianura veneta, erba e rocce tutto intorno, i profumi freschi dell'estate a fare da contorno. Impossibile non trovare le forze per arrivare in cima.
La fatica è stata tanta, il cronometro meno disastroso del previsto, ma per la prima volta la voglia e la forza di volontà sono andate oltre la fatica, le gambe, il cuore, il fiato ed i polmoni. Oggi mi sono dato una gran lezione: e forse non solo dal punto di vista sportivo
La prima metà della salita ha pendenze impegnative ma regolari, trovato il mio ritmo con una pedalata agile procedo faticando più del necessario ma senza grossi intoppi. Alla malga di Campocroce (poco dopo metà percorso) mi rendo conto che il tratto più duro comincia ora: che fare ? Approfittare del traguardo parziale per girare la bici ? Decido di tentare di proseguire, mal che vada se mi dovessi piantare si può sempre tornare indietro. Scalo l'ultimo rapporto e procedo: metro dopo metro sento le gambe che si scaldano sempre più, arrivano sul punto di bruciare nonostante il tiepido sole sia coperto da fitte nuvole a bassa quota. Il respiro si fa sempre più affannoso, la bocca si apre per cercare di catturare anche la più piccola particella di ossigeno, il sudore dalla fronte cola sul naso in gocce sempre più grosse e frequenti. La sensazione è quella di salire delle scale piuttosto che pedalare, tanto sono scomposto e irregolare nei tratti più ripidi.
Una rampa dopo l'altra poi, dopo una leggera contropendenza, esco dalle nuvole e si apre uno splendido paesaggio: la vetta con il rifugio è li sopra ad un paio di chilometri, sotto di me uno strato nuvoloso oltre il quale si intravede la pianura veneta, erba e rocce tutto intorno, i profumi freschi dell'estate a fare da contorno. Impossibile non trovare le forze per arrivare in cima.
La fatica è stata tanta, il cronometro meno disastroso del previsto, ma per la prima volta la voglia e la forza di volontà sono andate oltre la fatica, le gambe, il cuore, il fiato ed i polmoni. Oggi mi sono dato una gran lezione: e forse non solo dal punto di vista sportivo