domenica 18 giugno 2006

Gran Fondo Campagnolo 2006

La più bella Grandfondo italiana regala solitamente caldo afoso o bufere autunnali: la mia quinta partecipazione ricade nella prima casistica; considerando che il caldo è esploso proprio il giorno della gara e che tutti gli allenamenti fatti finora si svolgevano con temperature miti è assai credibile l'affermazione "mai fatta tanta fatica in vita mia". Nella prima ora in pianura tutti pedalano regolari, un lungo serpentone di 3700 ciclisti in cui, caso assai raro, si ha la possibilità di scaldarsi adeguatamente evitando inutili strappi o trenate a 60 km/h; anche la prima salita verso Casteltesino viene affrontata con regolarità senza note particolari, discesa in Valsugana dove inizia il passo Manghen, 23 km in salita, croce e delizia di questa manifestazione. Da metà inizia il tratto più impegnativo (malga Calamento) e subito dopo il primo strappo sono costretto a fermarmi un paio di minuti per crampi, causati dalla disidratazione e dal gran caldo, nonostante le quattro borracce già esaurite fino ad ora. Gli ultimi 4 km sono un piccolo calvario, evito di fermarmi ancora, cercando di pedalare il più regolare possibile sopportando le fitte che mi prendono il quadricipite e l'interno coscia; il tempo finale di scalata resta discreto e nella lunga discesa cerco di fare più stretching possibile, ma come si riprende a pedalare i crampi mi complicano la vita nuovamente costringendomi a prendere altri 10 minuti di pausa nei pressi di una fontana. La salita del passo Rolle è tutta un brivido: se rallento si contraggono i polpacci, se accelero le cosce, se tiro un muscolo si blocca l'antagonista: dopo un'ora e mezza (un quarto d'ora oltre i miei tempi abituali) scollino ed inizio la discesa, dove ad ogni tornate, nel momento in cui smetto di pedalare, ancora crampi rendono tormentata anche questa fase di corsa.
Ultimo ostacolo di giornata il Croce d'Aune: come in un film mistico il cielo si vela, la temperatura scende finalmente sotto i 30 gradi e le gambe trovano nuove energie; la paura di bloccarmi nuovamente mi consiglia però di procedere con prudenza e nonostante ciò salgo con un buon tempo e senza fatiche particolari, anzi, con il senno di poi si poteva fare ancora meglio. In cima moglie, figlio ed un gruppo di amici mi acclamano come se avessi vinto una tappa al Giro, impossibile non fermarsi ber un brindisi con un buon bicchiere di vino rosso, quindi la discesa a Feltre dove, una volta tagliato il traguardo, mi scappa il "mai fatta tanta fatica in vita mia", augurio e speranza di non essere mai più costretto a pedalare per quattro ore con i crampi alle gambe.