giovedì 26 agosto 2010

I monti della Slovenia

Partenza da Resiutta per risalire la val Resia vino al valico di Sella Canizza in compagnia di David: entrambi abbiamo consultato le altimetrie in maniera frettolosa, e forse affrontiamo la salita in maniera troppo disinvolta, ma una volta impostato il ritmo (medio alto) decidiamo di tenerlo aspettando una spianata o qualche tratto per rifiatare che in realtà non arriverà mai. Molto suggestiva una serie di tornanti nel bosco che ben rendono l’idea delle pendenze che si stanno superando. Terminata la discesa si entra in territorio Sloveno: la zona è molto suggestiva, in quanto, pur essendo a bassa quota (300 metri slm) sembra di stare 1000 metri più in alto. Abeti dappertutto, prati rasati, montagne rocciose, e paesi molto piccoli e curatissimi, distanti tra loro anche decine di km con assolutamente nulla tra uno e l’altro.
Da Bovec si risale la valle dell’Isonzo, non senza restare incantati dal colore e dalla limpidezza dell’acqua, fino ad arrivare Trenta, dove inizia la salita del passo Vrsic: lo scollinamento è a 1400 metri, ma sembra un nostro 2000 ! Rocce e tornanti, pendenze appena sotto al 10%, caldo e fatica che comincia a farsi sentire; molto suggestivi (e fastidiosi), i tornanti in porfido che ci portano a Kranjska Gora, e, viste le dimensioni, viene da chiedersi dove possano alloggiare gli atleti che partecipano alle gare di Slalom.
Una ventina di chilometri in territorio italiano per superare il passo Predil, nei quali mangio tutto quello che ho in tasca e cerco di recuperare energie, quindi si torna in Slovenia per il clou della giornata, il Mangart: salita impegnativa di 11 km, tra pareti rocciose, ponti di pietra, strapiombi e paesaggi lunari. Anche qui la vetta è poco oltre i 2000, ma sembra di essere sullo Stelvio o sul Gavia.
Sono in riserva di energie, e a fatica passo l’ultimo strappo di Sella Nevea, supero David che sta mangiando qualcosa e mi fermo 100 metri dopo a riempire le borracce in una fontana. Una mi cade sul fondo, la recupero e convinto di aver perso troppo tempo di non essere stato visto mi giro a sinistra e mi lancio in discesa a tutta per cercare di raggiungere il compagno di avventura, che in realtà era alla mia destra alla fontana: la fatica gioca brutti scherzi.
30 chilometri di discesa ci riportano all’auto, dopo 177 km e più di 4000 metri di dislivello.