lunedì 31 dicembre 2007

Statistiche 2007

Numeri sostanzialmente simili a quelli del 2005: 174 uscite per un totale di 8.992 e 129.507

giovedì 1 novembre 2007

Monte Grappa da Cismon del Grappa (Val Cesilla)

Partenza dalla stazione di Primolano (a proposito, sembra faranno una nuova rotonda davanti alla stazione, indispensabile per la viabilità di tutto il nord-est) insieme a David; è mattina presto e la temperatura è piuttosto rigida. Breve riscaldamento fino a Cismon del Grappa, passiamo la strada che porta alla Rocca di Incino e dopo 300 metri svoltiamo a sinistra in una strada che sembra morire tra le rocce, invece dopo due ripidi tornanti si gira intorno al costone della montagna addentrandosi nel bosco in un ripido tratto asfaltato. Non conosciamo la strada, stiamo andando ad esplorare questa nuova via che porta alla cima del Monte Grappa, ed il fondo stradale che diventa sterrato rende ancora più "eroica" la pedalata odierna. Nella prima parte siamo sulla costa della montagna e si aprono splendide visuali sulla Valsugana, l'esposizione al sole e la pendenza della strada ci riscaldano in fretta, mentre il fondo stradale peggiora leggermente. Un lungo falsopiano sterrato ci toglie le soddisfazioni della prima parte e pensiamo che forse la Mountain bike sarebbe più adatta della nostra bici da corsa, ma il ritorno all'asfalto e la strada che si impenna ci rendono quanto tolto in precedenza: siamo in Val Cesilla e si torna nel bosco, smettiamo di parlare e ricominciamo a sbuffare accaldati ed affaticati. Breve ristoro ad un capitello (i thermos con il the non ci consentono di bere in corsa) e parte finale della salita tra pascoli ed agriturismi in un piacevole alternarsi di asfalto e sterrato. Ricongiunti alla S.S. Cadorna dopo 21 km di emozioni, riscendiamo verso Caupo per motivi di tempo, così avremo la scusa per tornare su questa inedita salita al Monte Sacro per completarla nella sua interezza

sabato 15 settembre 2007

Tempesta sul grappa

Scalata al Monte Grappa da Romano d'Ezzelino:
0.00.00 Capitello di Romano
0.33.10 falsopiano di Costalunga
0.50.12 Camposolagna
0.58.00 Ponte San Lorenzo, inizia a piovere leggermente
1.25.12 Ho da poco superato il cartello dei 1500 di altitudine, vedo appena sopra di me il bivio per Feltre, quando nel giro di 30 secondi la pioggia diventa grossa, cominciano ad arrivarmi addosso foglie secche e rami spezzati, si alza un vento pazzesco che mi costringe alla resa. La pioggia diventa grandine, mi giro immediatamente e comincio la discesa; la temperatura è scesa a 3 gradi ed il vento mi sposta lateralmente di un metro. Sono costretto a fermarmi qualche secondo nel pieno della bufera, e quando provo a ripartire è impossibile superare i 20 km/h, non c'è nessun posto in cui ripararsi quindi procedo con il ghiaccio che ticchetta sul casco e punge gambe e volto. La strada è un torrente e gli alberi si piegano paurosamente davanti a me, ma alternative non ce ne sono, quindi stringo (sbatto) i denti e proseguo tremante e con le mani quasi paralizzate. I chilometri sembrano non passare mai, e smette di piovere solo al termine della discesa.
Una zona di cielo paurosamente nera si sposta verso la pianura trevigiana, mentre voltandomi a guardare la cima del Monte Sacro vedo solo uno splendido sole illuminare i prati verdissimi.

Un piccolo Fiandre

Distorsione al pollice della mano sinistra, caviglia leggermente gonfia con un profondo taglio causato dagli ingranaggi della catena, contusione al coccige, gambe dure come il cemento, mal di schiena… eppure l'ultimo weekend non sono stato a Beirut, ma a Conegliano a pedalare con altri 7 compagneros su e giù per i colli trevigiani, facendo 160km e 3000 metri di dislivello distribuiti in una trentina di strappi, e, potrà sembrare strano visto il bollettino medico, mi sono anche divertito parecchio.
Alcune salite sono le classiche della zona, altre sembravano le rampe di accesso di qualche garage privato, alcune lunghe alcuni chilometri e con pendenze abbordabili ed altre con pendenze mostruose, ma il massimo del divertimento è stato lo spirito competitivo che andava via via crescendo con il passare delle ore.
Intuite da subito le differenze di capacità si sono cercati i modi più vili e feroci per guadagnare qualche posizione, con azioni che non si vedevano dalla coppa Kobran di Fantozzi: indicazioni sbagliate per mandare fuori strada qualcuno prima della salita, qualcuno che distraeva in chiacchere i più forti mentre un altro scattava all'improvviso, piccole trattenute o “tappi” più o meno involontari, etc.
E nel finale, ormai prossimi all'arrivo, un involontario piccolo cambio di direzione del “Gatto” mentre lo stavo per affiancare ha fatto toccare le nostre ruote, e per allontanarmi da lui sono finito contro David: i manubri si sono agganciati ed ho vissuto 5 secondi di adrenalina pura prima di riuscire a fermarmi con una “sellata” sul sedere e la corona piantata nella caviglia, ma riuscendo entrambi ad evitare di cadere (ma non chiedeteci come abbiamo fatto).

sabato 1 settembre 2007

L'amico francese

Mentre mi sto dirigendo a Montebelluna mi si accoda una persona e mi chiede gentilmente se si può mettere nella mia scia; ovviamente acconsento e procedo regolare come prima. Ad un semaforo il tizio mi affianca e mi chiede che giro faccio, ed io, sempre gentilmente, rispondo che ho intenzione di andare su e giù per i colli Asolani e per il Montello, e questi “sono francese e non conosco le strade, posso venire con te ?”. “Nessun problema !”
Mercato vecchio: salita breve e pedalabile, io vado spedito ma senza impiccarmi ed il transalpino mi segue senza problemi. Cominciamo a chiacchierare fino ai piedi della forcella Mostaccin, 3 km con pendenze spesso in doppia cifra. Sparo tutto quello che ho, stabilendo anche il mio record personale, quindi decido di aspettare questo nuovo amico anche per il resto del percorso. Passano nemmeno 2 minuti e questi spedito inizia la discesa senza fermarsi nemmeno un secondo.
Si tratta di un abitante della bassa Francia, a ridosso dei Pirenei, appassionato pedalatore, e parla discretamente l’italiano, o meglio, il veneto. Infatti tra martedì e mercoledì si è fatto 700 km in sella ed è venuto a trovare suo cognato, essendo figlio di un immigrato.
Ai piedi del Montello altro scatto sulla presa quattordici (record personale mancato di pochi secondi), neanche il tempo di riempire la borraccia che il nuovo compagno di viaggio mi raggiunge e di nuovo insieme scambiandoci qualche opinione sui professionisti.
Dimenticavo un particolare: il “francesino” aveva sessantotto anni (si, proprio 68 !)
Grandi saluti e scambio di complimenti quando le nostre strade si dividono… e nemmeno un minuto dopo supero 4 cinquantenni mestrini che si mettono immediatamente dietro di me e mi seguono praticamente fino a casa: anzi, quando sono praticamente davanti al garage si dicono disposti a pagarmi il pranzo se li trascino ancora sul filo dei 40 km/h fino a casa loro

mercoledì 1 agosto 2007

Passo 5 croci

...proseguo addentrandomi nella valle del Vanoi, con i fianchi delle montagne che si fanno sempre più vicini tra loro, e sullo sfondo a chiudere la strada una vera muraglia: la catena del Lagorai. Superato l'abitato di Caoria la strada comincia a salire, anche se solo dopo il rifugio Refavaie inizia una forestale di terriccio e sassolini così ben battuti che la differenza con l'asfalto sta solo nel colore. Alti abeti emanano un forte odore che apre i polmoni, e, forse conseguenza della pioggia del giorno prima, enormi funghi (non chiedetemi la specie) vigilano a bordo strada come piccoli gnomi.
Nella parte centrale le pendenze aumentano e la strada si fa più sconnessa, ma i rapportini della Mountain Bike consentono di superare agevolmente anche i tratti più ripidi. Dopo una decina di chilometri cominciano ad aprirsi splendidi panorami sulla vallata sottostante, mentre alzando lo sguardo si vede svettare il Cima d'Asta illuminato dal sole che comincia ad alzarsi (sono le 8.30 del mattino) filtrando tra le scure nubi. Nella parte finale si pedala tra prati, pascoli e malghe, con la strada che nel frattempo è tornata in perfette condizioni e con pendenze più dolci.
Giunto al passo il panorama toglie il fiato: comunque ci si giri ci sono da ammirare montagne e vallate, e solo il vento gelido ed il cielo coperto mi allontanano con un pizzico di malinconia dal piccolo monumento in ferro battuto. La discesa è mozzafiato, in quando il fondo stradale ed i pochissimi tornanti consentono lunghi tratti sopra ai 50 km/h anche a chi come me non è per nulla specialista delle ruote grasse.

domenica 1 luglio 2007

Sfida ai Giganti (Stelvio, Gavia, ... )

"Prego, io chiama per confermare sua riservazione..." mi dice la gentilissima signora titolare del B&B di Merano (320 metri sul livello del mare), così gentile da insistere per svegliarsi alle 5.30 e prepararmi un splendida e abbondante colazione. Alle 6 sono già in sella e poco dopo raggiungo Flavio con il quale in un paio d'ore raggiungiamo Prato dello Stelvio, pedalando in leggera salita tra alberi di mele attraversando piccoli paesi e tratti di ciclabile con lunghi tratti di sterrato che fortunatamente non ci creano spiacevoli intoppi. Breve sosta tecnica e via verso il gigante delle salite italine: i primi chilometri fino a Trafoi scorrono veloci, poi la strada impenna ed inizia il terribile count-down dei tornanti. Mentre Flavio allunga il passo in maniera lenta ma inesorabile preferisco tenermi al di sotto dei miei limiti per evitare di finire troppo presto la benzina, procedendo agile e regolare nello splendido zig-zag dei tronanti tra la roccia, e combattendo contro la carenza di ossigeno che comincia a farsi sentire raggiungo i 2758 metri del Passo dello Stelvio. Indosso una maglia asciutta e giù in picchiata verso Bormio (1197), superando con prudenza alcune gallerie buie e mal segnalate, facendo il pelo a strapiombi ed ammirando splendide vallate alpine. Riempite le borraccie si ricomincia a salire lungo i 26 km del passo Gavia (2618); la prima metà è piuttosto agevole, ma superata S.Caterina Valfurva si ricomincia a fare sul serio ed anche questa volta preferisco tenermi un certo margine lasciando Flavio che allunga il passo. Superati i 2000 metri un paio di rampe tagliano le gambe, si fatica a respirare a fondo mentre un forte e freddo vento contario rende ancora più faticoso lo scollinamento, senza considerare le pessime condizioni dell'asfalto, pieno di buche e di rattoppi malfatti. La discesa fino a Ponte di Legno (1238) è poco più che un sentiero ed obbliga a tenere molto alta la concentrazione: a fondo valle cerchiamo un posto per mangiare ma ci ritroviamo già in salita verso il passo del Tonale (1884) e ormai non ci resta che proseguire fin quasi in vetta prima di riempire lo stomaco con spaghetti al pomodoro ed una fetta di strudel. Gli ultimi chilometri fino allo scollinamento li facciamo con traquillità per evitare il blocco della digestione, quindi inizia una lunghissima discesa (più di 40 km) resa pesante da un forte vento contrario. Per fortuna Flavio ha ancora parecchie energie e mi metto alla sua ruota, anche se di aria ne prendo tanta ugualmente. Siamo a Cles (650) quando riprendiamo a salire in maniera irregolare fino a raggiungere Fondo (988) da dove iniza il passo Palade, facilissimo sulla carta, ma vista la giornata trascorsa anche il 4% di pendenza si fa sentire. A farla da padrone ora è il caldo, e le fontane sembra siano state tutte chiuse per allungare la nostra sofferenza. "Finalmente" anche Flavio comincia ed essere in riserva di energie e con rapporti agili ed alta frequenza di pedalata scolliniamo i 1518 metri del passo: da qui a Merano solo discesa ! Alla fine saranno 247 km per 5450 metri di dislivello, con 11 ore e 13 minuti trascorse in sella

domenica 17 giugno 2007

Gran Fondo Campagnolo 2007

Fin dalla partenza so che il mio livello di allenamento non è dei migliori, quindi fin dall'inizio l'obbietivo è di risparmiare il maggior numero di energie per portare a casa la pelle. Nei primi chilometri pianeggianti soliti scatti e controscatti, ma fortunatamente trovo un bel tedescone da 120 kg che procede regolare a 40 km/h incurante di tutto; peccato non avere avuto un ombrello per agganciarmi al suo telaio, probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorto. Siamo alla prima salita verso Casteltesino, la strada è intasata di ciclisti e non ha senso faticare con sorpassi e manovre azzardate, quindi procedo regolare, così come nella prima metà del passo Manghen: al momento sono appena il 1229° concorrente. Gli arcigni 5 km sopra al 10% di pendenza per raggiungere la vetta li supero brillantemente con un rapportino agile chiudendo il passo con un tempo alto ma decente, mangio un panino e giù in picchiata verso Cavalese. Qui trovo solo 4 ciclisti, preferisco quindi rallentare e mangiare ancora, e poco dopo mi accodo ad un gruppone di 30 atleti che mi scortano ad alta velocità fino ai piedi del Passo Rolle. Solitamente da qui in poi inizio a soffrire, ma oggi mi sento bene e procedo con un rapporto più duro del solito. Ogni ciclista avanti a me diventa un obbiettivo da raggiungere, e vista la fatica di chi mi sta intorno i sorpassi sono davvero numerosi. Meglio ancora sul Passo Croce d'Aune: quasi non sento la fatica mentre intorno ho solo atleti sfiniti, e questo mi stimola psicologicamente a tener duro e, per quanto possibile, ad accelerare ancora. Strappo di 3 km per raggiungere Pren e salita finale verso il centro storico di Feltre e finalmente la missione è compiuta, chiudendo con il nuovo personale di 8.45.00 intorno alla 650° posizione (nonostante il percorso allungato a 214 km con quasi 5000 metri di dislivello). E dopo il traguardo quasi mi hanno dovuto abbattere altrimenti continuavo a pedalare ancora

martedì 1 maggio 2007

Prada Alta (Punta Veleno)

Eccomi ad affrontare un'altra salita "monstre" che ancora manca al mio palmares: Prada Alta da Castello di Brenzone, sulla sponda orientale del lago di Garda. Avendone già esplorato i primi chilometri un paio di mesi fa parto subito cercando di mantenere la velocità il più bassa possibile, al limite del ribaltamento, cercando di sprecare il minimo delle energie; bastano però poche centinaia di metri e già il cardiofrequenzimetro comincia a segnare valori oltre il limite, anche se fiato e gambe ancora reggono bene.
Ogni tanto tra la fitta vegetazione si intravede il lago di garda, sempre più basso e distante dalla strada che intanto continua ad inerpicarsi senza pietà, con tremendi rettilinei in cui il tornante successivo sembra sempre lontanissimo. Ad ogni tornante si hanno 5 secondi in cui respirare e far riposare braccia e schiena, ma sono veramente troppo pochi ! A metà salita inizia la guerra tra le gambe che vogliono interrompere questo supplizio e la testa che non vule saperne di mollare; quindi un tornante a destra lancia la sfida al tratto più duro, un lungo rettilineo sotto i cavi dell'alta tensione che friggono nell'aria. Un crampo sulla coscia, un attimo di appannamento e finisco sul bordo strada, la ruota scivola sul brecciolino e sono costretto a fermarmi. Ormai il piede è a terra, la sfida persa, quindi riprendo fiato e provo a ripartire: solo al terzo tentativo ci riesco, in quanto le elevate pendenze non consentono di prendere sufficiente velocità per agganciare entrambi i piedi ai pedali. Riparto con energia e dopo 30 secondi suona il telefono; altra breve e sosta e via con rinnovato vigore, e anche se le pendenze sono sempre elevate in qualche tratto la strada spiana consentendo di recuperare quanto basta. Ormai sono in cima, un lungo tratto pianeggiante sul costone della montagna rilassa le gambe e la mente che spazia sul lago e sul burrone sottostanti.

giovedì 1 marzo 2007

Marzo pazzerello

La gente dorme ancora, il cielo addombrato è nella classica situazione di incertezza, da un momento all'altro potrebbe scatenarsi un temporale come aprirsi ad un caldo sole primaverile, la voglia di pedalare è tanta e così salto in sella e mi avvio speranzoso accompagnato da una finissima pioggia. La pianura finisce e mi addentro tra le verdi colline ricoperte di vitigni, tra cascine in pietra e cani che abbaiano al mio passaggio, ricordandomi paesaggi ed ambientazioni tipicamente irlandesi. Lo sforzo aumenta e mi scaldo velocemente, tolgo la mantellina e subito l'aria fredda si fa sentire sul mio corpo come un tuffo nell'acqua gelida di un laghetto di montagna; poi la deviazione a destra per la salita vera (Madean), con la statale che si allontana velocemente sotto di me.
La catena sferraglia (non si può dire "acciaiaglia") sui pignoni più grandi, la bicicletta trema nell'asfalto ruvido e rovinato, interrompendo i rumori del bosco: uccelli che cantano, fruscio di foglie e rami che si spezzano. Salgo velocemente quasi senza far fatica, mentre la pioggia aumenta di intensità rendendo la strada scivolosa; qualche segnale che i miei occhi fingono di non vedere e la mia mente di interpretare, un altro paio di chilometri, quindi un tornate a sinistra e la ruota affonda in 5 cm di poltiglia nevosa. I sali minerali più che dissetarmi mi congelano lo stomaco, mentre in questo momento sogno del vin brulè con polenta e formaggio alla piastra !
Inizia la discesa da affrontare con estrema prudenza, le mani insensibili trattengono a fatica le fredde leve dei freni, la ruota posteriore solleva spruzzi che si conficcano nelle gambe come aghi, gelidi spifferi si infilano nel collo mentre le tabelle stradali indicanti il chilometraggio oggi sembrano non passare mai. Il freddo si sopporta meglio terminata la discesa, riprendo a pedalare con vigore e velocemente ritorno alla macchina; ed ovviamente mentre mi cambio le nuvole si diradano ed un timido sole comincia a strizzarmi l'occhiolino

giovedì 1 febbraio 2007

La mia ... Tomba

Monte Tomba, versante da Pederobba, quasi 8 km di salita piuttosto dura, con un paio di rampe davvero impegnative, ed uno stato di forma già discreto. La salita procede regolare, con rapporti agili e buon ritmo di pedalata; 300 metri al 16%, mi alzo sui pedali e lancio lo sprint, sono quasi in cima, piccolo falsopiano poi la strada si impenna per gli ultimi 100 metri, mi alzo nuovamente in piedi e... la ruota posteriore scivola, si affloscia velocemente e mi trovo sul cerchione.
Ormai sono in cima, ma i minuti sono contati, devo fare in fretta perchè siamo già all'imbrunire. Smonto velocemente la ruota forata, apro la sacca degli attrezzi sotto la sella e mi viene in mente che la camera d'aria di scorta è rimasta in auto: recupero allora toppe e mastice e mi preparo a perdere qualche minuto in più del previsto, ma mentre svito il mastice mi rendo conto che ormai è completamente secco e quindi inutilizzabile.
La situazione è questa: si sta facendo buio, sono in cima ad un monte sperduto con la ruota posteriore forata e senza possibilità di essere riparata, per giunta ad 8 km dalla civiltà con una discesa decisamente impegnativa anche con la bicicletta in perfetto ordine. Che il monte Tomba mi debba accogliere per sempre tra le sue pendici ?
Non ho alternative, mi siedo sul tubo orizzontale cercando di tenere il peso sulla ruota davanti, e frenando solo con l'anteriore comincio a scendere con molta prudenza. Dopo un chilometro una baita con un'auto mi accende una speranza, subito sedata da un paio di cani che cominciano a correre lungo il viale d'accesso venendo verso di me. La fuga è scontata e riprendo così la mia agonia.
A metà percorso altra illuminazione quando vedo un bel furgone nei pressi di un agriturismo; entro e fortunatamente trovo un muratore che sta per tornare a casa e che gentilmente mi carica a bordo e mi riporta all'auto tutto infreddolito.
E curiosamente, tornato a casa, mi rendo conto che la ruota, nonostante il massacro subito, non ha nemmeno perso la centratura