mercoledì 31 agosto 2005

Creta, Altopiano Lassithi

Seconda avventura in terra straniera, questa volta a ripercorrere una bella salita fatta in auto per scendere dall'altopiano di Lassithi, una trentina di chilometri quadrati di pascoli e coltivazioni, ricchi di mulini a vento che vengono ancora utilizzati come pompe d'acqua per le irrigazioni, mentre altri in pietra, una volta utilizzati come macine, restano abbandonati a guardia dell'altipiano.
Ovviamente anche questa volta la bici noleggiata è assai piccola, forse più di quella della scorsa settimana, ma non posso certo farne una colpa ai poveri cretesi; i turisti mi guardano con gli occhi spalancati mentre camminano verso la spiaggia e non capisco se ad incuriosirli sono le mie dimensioni o quelle della bici, ma di sicuro l'accoppiata è accativante e per questo cerco di non perdere lo spirito goliardico della gita, anche se il mio aspetto è decisamente più serio dell’altra pedalata in quanto non ho il fastidio del casco ciondolante e la mountain bike possiede un normalissimo portaborraccia.
Supero con qualche affanno un paio di dure rampe per poi imbattermi in un pascolo di capre che hanno scavalcato il loro recinto e belano in mezzo alla strada non riuscendo a ritornare nelle zone a loro riservate. I poveri animali sono più spaventati di me e fortunatamente i loro "ricordini" sono talmente piccoli da non costituire alcun problema per le abbondanti ruote della mountain bike. A metà salita una leggera spianata consente di tirare il fiato e di prendere le distanze da un paio di ciclisti che tentavano di raggiungermi, quindi si riprende a salire attraversando un paesello composto da 6 case, due ristoranti e un negozio di ceramica. Una anziana signora seduta sulla soglia di casa risponde divertita al mio "calimera" (buongiorno) e poco dopo un'auto si esalta nel vedermi pedalare gridando e suonando il clacson con entusiasmo, segno che probabilmente la strada non è molto frequentata dai ciclisti, visto che anche la coppia che mi inseguiva si è concessa una sosta al bar. Prima della cima devo subire anche gli sfottò di un’autista che mi invita più volta a salire nel cassone del suo autocarro, ma ormai si intravede il valico con i suo antichi mulini in pietra, schierati come guardiani tra il terreno brullo e spoglio